Accoppiamenti giudiziosi è il titolo della mostra, che inaugurerà il 19 settembre 2013, curata da Angela Madesani, presso la Nuova Galleria Morone di Milano.
Un dialogo molto particolare, quello tra l’artista francese di origine polacca, Roman Opalka (1931-2011) e l’artista italiana, che da oltre venti anni vive a Berlino, Daniela Comani (1965).
Il titolo rimanda a una raccolta di racconti di Carlo Emilio Gadda; qui l’accoppiamento è davvero giudizioso.
Si tratta in entrambi i casi di ricerche che partono dall’autobiografia.
Di Roman Opalka saranno in mostra carte, fotografie e una tela a formare l’opera totale Opalka 1965 / 1 – ∞.
«Nel mio concetto, il sempre finito dell’opera data dal 1965: una volta posto il segno 1 sul primo Détail, c’è già, là, il tutto. Perché un Détail è logicamente finito? Per la buona ragione che comincia col numero da cui viene e termina col numero a cui va. E’ il finito della diagonale. Tutto il suo spazio è una logica sola. Che io sia o no davanti al mio cavalletto, il quadro è in stato di sempre finito». Quella di Opalka è una ricerca di matrice esistenziale in cui il concetto di finitezza è dato dal momento stesso in cui il segno è posto sulla tela, ma il cui finito è solo nel momento della morte e così è stato. Il suo è un modo per misurare il tempo momento dopo momento, giorno dopo giorno. «La mia morte è la prova logica ed emozionale del compimento dell’opera» e così è stato.
La decisione di fotografare il proprio viso da parte di Opalka nasce dalla necessità di non perdere nulla in rapporto al passare del tempo, in stretta relazione con i numeri che l’artista traccia sulla tela o sulle carte da viaggio. Si tratta del “dettaglio” fotografico del viso, scattato alla fine di ogni giornata di lavoro davanti al “dettaglio” dipinto. Il senso di ogni lavoro di Opalka va colto nell’unità degli stessi, nel rapporto che i lavori hanno l’uno con l’altro.
Di Danela Comani saranno esposti Un matrimonio felice un lavoro fotografico, iniziato nel 2003 e ancora in corso. Una serie di immagini fotografiche di una coppia di sposi, colta in diversi momenti della vita. Ma gli sposi hanno tra loro una strana, inquietante somiglianza. Si tratta, infatti, dell’artista stessa che interpreta i due ruoli di maschio e femmina.
Nulla di caricaturale, piuttosto una ricerca all’interno del proprio mondo, sulla propria identità. La riflessione è sul rapporto che ognuno di noi intrattiene con se stesso ogni giorno della sua vita.
Coverversionen sono una serie di autoritratti che si sono sviluppati nel corso del tempo come riflessione sul mondo della comunicazione e sull’uso che la stessa fa dell’immagine fotografica. In questi lavori l’artista si identifica con personaggi del mondo della politica, dello spettacolo, della cronaca.
In mostra sarà anche Sono stata io. Diario 1900-1999, una sorta di calendario, in cui in prima persona Daniela Comani testimonia il ‘900, elencando cronologicamente in trecentosessantasei giorni, i fatti accaduti, Lo fa in prima persona, immedesimandosi nei protagonisti della storia del secolo scorso. Ancora una volta la partenza è autobiografica: si tratta della storia letta attraverso il filtro dell’io.
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