Sono, questi volti di Grenci, evocazioni che vengono da lontano, richiamate da un mondo “altro”; esprimono una sorta di sentimento lancinante della lontananza, il desiderio di un fare ritorno che pure si sa essere impossibile, uno sguardo di dolente tenerezza, come se, finalmente, in queste immagini si fosse coagulato l’approdo ultimo alla verità della vita. Si respira, in tanti dipinti di Grenci, ciò che Georges Braque aveva nel tempo maturato: “La sola cosa che ci rimane è quella che ci tolgono, ed è la cosa migliore che possediamo.”
“Questo mio canto altro non è che un saccheggio di lineamenti ed articolazioni, di bellezze e voragini, fatte di carta e pochi altri mezzi.
Opere labili e, con tutta la loro fragilità,consegnate ad un indefinito tempo.
Sono sguardi che mi sono appartenuti, certo,chi più chi meno, mi hanno lasciato storie, storie e racconti di passioni intangibili e fuggevoli, fatte di bitume e colore.
Eccole a voi, queste icone di un mondo fluttuante, illusioni e levità che popolano acque di malinconici soliloqui. Un canto di lontananze li racchiude come a dar loro un luogo, un approdo, lontano da effimere risonanze.”
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