Nuova Galleria Morone presenta “Ritratti in Bosco”, una mostra personale dell’artista Meri Gorni.
“Ritratti in Bosco” nasce da una profonda osservazione degli alberi, che l’artista descrive come dotati di un’identità forte, quasi consapevoli della loro natura. L’esposizione esplora il potere evocativo del linguaggio, che nelle mani di Gorni diventa uno strumento capace di generare significato attraverso l’interazione tra parole e immagini, non solo come atto poetico, ma come oggetto di riflessione estetica e critica.
Le opere esposte rappresentano un dialogo intimo tra l’identità umana e quella del bosco, utilizzando materiali e suggestioni artistiche per creare un immaginario poetico. Meri Gorni, nota per la sua sensibilità artistica e per la capacità di intrecciare immagine e narrazione, osserva le ramificazioni visibili e invisibili degli alberi, traendone ispirazione per comporre ritratti che uniscono relazioni e conversazioni tra l’umano e il non umano. Il bosco diventa un luogo simbolico, una dimensione in cui si intrecciano visibile e invisibile, realtà e immaginazione.
Il lavoro di Gorni si sviluppa con un ritmo lento e riflessivo, raccogliendo, conservando, immaginando e dialogando con il mondo. Con grande sensibilità, interviene negli spazi tra le cose, instaurando connessioni con ciò che le è vicino e, al contempo, lontano: alberi, poetesse, altitudini, radici. Attraversando un tempo dedicato all’ascolto e alla decelerazione, l’artista svela ciò che spesso rimane invisibile alla vista quotidiana: le interconnessioni sotterranee, le simbiosi tra funghi e radici, le tracce del tempo. La sua poetica si configura come un esercizio di divenire impercettibili. Meri Gorni, da una finestra, osserva il mondo.
“Ritratti in Bosco” emerge come immagine viva: una rappresentazione complessa e realistica della natura, ma anche una sua vibrante reinterpretazione. Le opere si fanno strumento per esprimere l’esperienza del vivente, portando il bosco nel quotidiano in modo tangibile.
I lavori in mostra ripensano la figura dell’albero, spesso descritto come identità forte, caparbia, patriarcale. La sua struttura suggerisce una gerarchia rigida: il tronco centrale rappresenta l’autorità maschile, mentre rami e radici assumono ruoli subordinati. La crescita, orientata verso l’alto, sottolinea una visione lineare e ascendente del potere, tipica della logica patriarcale. L’opera° Albero Genealogico° (2019) propone invece un manifesto matriarcale, apparendo come un pensiero orizzontale e riproduttivo, un sapere che rivendica l’altro nominandolo e richiamandolo al presente. È un atto anacronistico, che celebra una forma di condivisione e ridefinisce il senso di appartenenza al vivente.
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